Riccardo De Gennaro è nato a Torino nel 1957. Ha pubblicato i romanzi I giorni della lumaca (Casagande 2002) e il recentissimo La Comune 1871 (Transeuropa 2010). Suo anche il libro-reportage Mujeres. Storie di donne argentine (Manifestolibri, 2006). Ha lavorato nelle redazioni del Sole-24 Ore e di Repubblica per oltre 20 anni. Attualmente collabora alle pagine culturali de l’Unità e a Satisfiction. E’ fondatore e direttore della rivista trimestrale “il Reportage”, dopo essere stato direttore di “Maltese Narrazioni”. Vive e lavora a Roma.
Come scrittore di aforismi ha pubblicato nel 2007 la raccolta Taccuino metafisico presso l’editore Camera Verde, nella collana “Aforismi”. E’ lo stesso Riccardo De Gennaro che in una sua lettera mi spiega come è arrivato alla scrittura aforistica: “Da ragazzo avevo l’abitudine di trascrivere su quadernetti i miei pensieri, perlomeno quelli che mi sembravano intelligenti. Lo facevo perché ero convinto di dover andare alla ricerca della verità. Non per nulla, oltre alle mie facezie, negli stessi quadernetti riportavo frasi o sentenze di filosofi e scrittori importanti, che mi aiutavano a mettere dei punti fermi alla mia ricerca. Ricordo che in quegli anni, parlo di una trentina di anni fa, amavo molto Nietzsche. L’aforisma mi sembrava una forma congeniale alla verità, anche se ha ragione Karl Kraus quando lo definisce una mezza verità o, al limite, una verità e mezza. A un certo punto, purtroppo, quando cominciai a fare il giornalista, abbandonai quell’abitudine, ma sempre ho continuato a leggere libri di aforismi, soprattutto di autori tedeschi, forse i più bravi nel ricorso a questa forma espressiva. Tre anni fa, per l’esattezza nel gennaio 2007, non so cosa è successo, ma ho sentito nuovamente l’esigenza irrefrenabile di scrivere i miei pensieri, le mie riflessioni in pillole. Ho trascorso un mese, un mese e mezzo, di grande fertilità. Mi sono sentito come in preda al demone dell’aforisma, mi venivano di getto e non riuscivo a fare pausa. Non scrivevo altro, né racconti, né recensioni, né articoli. Dapprima ho messo giù una trentina di aforismi o notazioni, poi un’altra settantina. Alla fine mi sono fermato a 104. E ho posato la penna. Non usciva più nulla”.
Taccuino Metafisico (“un titolo parecchio ironico perchè in realtà il libriccino si propone di farla finita con tutte le metafisiche”) rientra nel genere piuttosto frequentato del diario. Nella tradizione aforistica vi è una lunga serie di autori che si sono serviti del diario o di forme affini per annotare i loro pensieri isolati, e tra questi Lichtenberg con il suo Brogliaccio, Joubert con i suoi Carnets, Flaiano con il suo Diario degli Errori e il Taccuino del marziano, Jules Renard con il suo Journal, Paul Valery con i suoi Cahiers, Bruno Barilli con le sue Notes e il suo Taccuino, Scutenaire con le sue Mes iscriptions, Camus con i suoi Carnets (quest’ultimo citato dallo stesso Riccardo De Gennaro). Continua a leggere